La materia si fa pensiero
Il cervello è una fabbrica in cui ferve il lavoro senza interruzione giorno e notte, anche nel sonno più profondo. Le cellule nervose, che costituiscono il livello di base dell’architettura cerebrale, ne sono gli operai specializzati. Tuttavia, definire la struttura del cervello attraverso le cellule che lo formano, equivale a descrivere il Colosseo solo sulla base delle pietre che lo compongono.
I NEURONI
La cellula nervosa, anche se presenta una struttura estremamente complessa, non differisce sostanzialmente dalle altre cellule del corpo umano: è anch’essa una masserella della grandezza di un centinaio di micrometri (1/10 di mm), costituita da una sostanza gelatinosa, il citoplasma, con un nucleo al centro che contiene le informazioni genetiche, e circondata e limitata da una membrana. Il corpo cellulare di forma irregolare stellata è detto anche pirenoforo. Da esso si dipartono numerosi prolungamenti ramificati detti dendriti che fanno pensare ai rami di una pianta (il nome viene dal greco dendron=albero) e un unico prolungamento più lungo detto neurite, assone o cilindrasse. Tale caratteristica è in rapporto alla funzione specifica della cellula, che consiste sostanzialmente nella produzione e nella trasmissione dell’impulso nervoso. Nel 1891 l’anatomista tedesco Heinrich Wilhelm Gottfried von Waldeier-Hartz (1836-1921) creò per le cellule nervose un termine che ebbe molta fortuna: le chiamò “neuroni”.
Mediante i dendriti ogni neurone entra in rapporto con altri, ne deriva una selva intricata, un circuito associativo incomparabilmente più complesso di qualsiasi macchina costruita dall’uomo, percorso incessantemente da impulsi che si generano e si dissolvono. I 100 miliardi di neuroni del cervello (una cifra all’incirca pari al numero delle stelle della nostra galassia) formano un numero di connessioni dell’ordine di 100.000 miliardi. Mediante l’assone, il neurone lancia a grande distanza, in direzione centrifuga, l’impulso nervoso, per esempio verso i muscoli, oppure riceve dalla periferia in senso centripeto l’impulso generato da stimoli sensitivi (tattili, luminosi, acustici, ecc.).
Importanza particolare ha la membrana che avvolge la cellula con i suoi prolungamenti: essa è formata da sostanze proteiche e grasse; in termini schematici, potremmo dire che le funzioni specifiche del neurone si esplicano a livello della membrana. L’assone, oltre a tale membrana, ha ancora un altro rivestimento, la guaina mielinica, costituita da una serie di lamelle che formano una specie di manicotto isolante. La mielina, molto ricca di sostanze grasse, può essere considerata un isolante elettrico che accelera la conduzione dell’impulso nervoso e consente un minimo consumo di energia. Questa osservazione fece pensare nel 1878 al medico francese Louis-Antoine Ranvier (1835-1922) al rivestimento protettivo dei cavi telegrafici sottomarini. Il nome (da muelòs, midollo, perché la mielina è particolarmente abbondante nella parte midollare o centrale del cervello, là dove sono appunto più numerose le fibre nervose) era stato coniato nel 1864 dal medico tedesco Rudolf Virchow (1821-1902). La mielina a sua volta è coperta da un sottile strato cellulare chiamato neurilemma. La gran massa del tessuto nervoso è fatta tuttavia da cellule diverse dai neuroni che vengono chiamate glia o nevroglia. Queste cellule, spesso di forma stellata, hanno molte funzioni: esse controllano fra l’altro la composizione del liquido che circonda i neuroni. Alcune cellule specializzate della glia, dette cellule di Schwann, formano delle espansioni larghe e sottili che si avvolgono in molti giri attorno al neurite formando una guaina che, come abbiamo detto, viene chiamata guaina mielinica ed è ricchissima di fosfolipidi.
Tutti questi rivestimenti, quando sono presenti, sono interrotti, a intervalli, da depressioni chiamate nodi di Ranvier, che svolgono un ruolo importante nel regolare la velocità di conduzione del segnale nervoso. La mielina agisce da isolante e le fibre provviste di tale isolante trasmettono i loro impulsi a velocità relativamente elevata: fino ad oltre 100 metri al secondo (360 km all’ora). Le fibre amieliniche trasportano invece gli impulsi più lentamente, spesso a meno di un decimo di questa velocità.
Nel sistema nervoso esistono vari tipi di neuroni. Ad esempio quelli di tipo motorio sono specializzati nel trasmettere segnali che ordinano ai muscoli di contrarsi. I neuroni di tipo sensitivo decodificano invece i segnali che li informano che alla periferia è presente uno stimolo preciso come una sorgente luminosa, una forza meccanica, una sostanza chimica e così via.
Le strutture che chiamiamo nervi sono formate da fasci di fibre nervose ossia di prolungamenti neuritici dei neuroni i quali, come nel caso del nervo sciatico che percorre tutta la gamba, possono essere lunghi oltre un metro. I neuroni si mettono in rapporto fra loro mediante un contatto tra il neurite di una cellula e i dendriti dell’altra cellula. Il punto di contatto tra due neuroni si chiama sinapsi (dal greco synapsis = unione). I due neuroni però non sono in continuità: le cellule sono distinte e separate. In effetti, a livello della sinapsi, vi è uno spazio fra le due cellule così piccolo che è visibile solo al microscopio elettronico. I neuroni quindi non si toccano, tuttavia sono a contatto abbastanza intimo perché sia possibile che gli impulsi si trasmettano dall’uno all’altro.
L’IMPULSO NERVOSO
La cellula nervosa è sede di una forma speciale di energia chiamata impulso nervoso. Si tratta di uno stimolo che provoca all’interno della cellula una serie di cambiamenti chimici ed elettrici. Per comprendere come si verifica un impulso nervoso bisogna iniziare da un neurone che si trovi in una stato di riposo anche se, come vedremo subito, non si tratta di un riposo vero e proprio in quanto i neuroni compiono sempre un lavoro anche quando sono apparentemente inattivi. Le reazioni chimiche dell’impulso nervoso in un qualsiasi punto del neurone, dell’assone o dei dendriti consumano ossigeno e richiedono energia; viene inoltre prodotta anidride carbonica e contemporaneamente si ha un aumento di temperatura.
Il neurone, come tutte le cellule, è avvolto da una membrana semipermeabile, una sorta di setaccio costituito da maglie a calibro variabile, che separa l’ambiente intracellulare dall’ambiente esterno. Le maglie del setaccio sono troppo strette per far passare alcune molecole molto grosse mentre passano alcuni ioni, ovvero atomi con carica elettrica positiva o negativa. Se inserissimo in una cellula nervosa un elettrodo, ossia un sottilissimo ago metallico collegato con un misuratore di corrente, si noterebbe che un neurone, in condizioni di riposo, è caratterizzato da una carica elettrica negativa rispetto all’esterno. Questa differenza di carica detta potenziale di riposo del neurone, è di -70 mV (millivolt). Il valore si ottiene dalla somma algebrica dei potenziali elettrochimici degli ioni che si trovano dalle due parti della membrana, cioè degli ioni sodio, potassio e cloro.
Se si misurasse la concentrazione di questi ioni all’interno e all’esterno della cellula si noterebbe che quella degli ioni sodio è di circa 15 volte maggiore all’esterno che all’interno della cellula mentre quella degli ioni potassio è circa 30 volte più elevata all’interno che all’esterno. Ora, poiché gli ioni K⁺ hanno la tendenza a passare all’esterno della cellula dove sono meno concentrati alterando in questo modo il potenziale di membrana, entra in azione una sorta di “pompa” che spinge il potassio all’interno della cellula ripristinando il potenziale di riposo cioè l’equilibrio tra cariche ioniche positive e negative. Per gli ioni sodio la situazione è opposta e gli stessi si precipiterebbero all’interno del neurone se non esistesse una “pompa del sodio” che trasporta gli ioni sodio all’esterno della cellula assicurando che la differenza di potenziale fra interno ed esterno del neurone rimanga a -70 mV.
Finora abbiamo considerato il neurone a riposo ma, come sappiamo, i neuroni sono eccitabili ed è sufficiente una piccola scarica elettrica, una variazione di concentrazione o di temperatura, ovvero uno stimolo di qualsiasi altro tipo, perché si verifichi uno sconvolgimento del loro equilibrio ionico. Il tal caso gli ioni sodio penetrano all’interno della cellula causando il mutamento della carica elettrica che da -70 mV passa a circa + 50 mV. Le modificazioni chimiche localizzate lungo una fibra nervosa sono accompagnate da modificazioni elettriche. L’esterno di una fibra non stimolata è elettricamente positivo, mentre l’interno, come abbiamo appena visto, è elettricamente negativo. Questa situazione è dovuta alla ineguale distribuzione degli ioni ai due lati della membrana cellulare: nel liquido interstiziale abbondano gli ioni Na⁺ e Cl⁻, mentre nel citoplasma cellulare prevalgono gli ioni K⁺. Questa differenza di carica elettrica è nota come polarizzazione e in tali condizioni si dice che la membrana è polarizzata.
Quando i dendriti di un neurone sono stimolati le modificazioni dello stato elettrico indicano l’inizio di un impulso nervoso. Per le leggi della diffusione passiva, gli ioni tendono a diffondere dalle regioni a maggiore concentrazione a quelle a minore concentrazione; tuttavia in condizioni di riposo ciò non accade perché entra in funzione la pompa Na⁺/K⁺, che pompa continuamente ioni K⁺ verso l’interno della cellula e ioni Na⁺ verso l’esterno. Lo ione Na⁺ espulso rientra con difficoltà, per la scarsa permeabilità della membrana ad esso, mentre il K⁺ introdotto fuoriesce facilmente perché la membrana è ad esso permeabile: ne consegue che gli ioni positivi sono in maggiore quantità all’esterno della cellula e quelli negativi all’interno.
Un neurone però non si caratterizza solo per la sua capacità di essere eccitabile, cioè di modificare il suo stato bioelettrico, ma anche per quella di propagare verso la periferia l’impulso eccitatorio: appena prodotto il potenziale d’azione si propaga attraverso l’assone verso la periferia fino a raggiungere le sinapsi. Qui le minuscole interruzioni arrestano la corrente elettrica prodotta dai neuroni e i segnali cambiano forma: il codice da elettrico si trasforma in chimico. Ciascuna delle numerose ramificazioni in cui si suddivide l’assone termina in una specie di rigonfiamento a forma di bulbo, il cosiddetto bottone terminale, che costituisce l’elemento presinaptico della sinapsi. La sinapsi separa questo bottone dal corpo di un altro neurone, dalla cellula di un muscolo o da una cellula ghiandolare. Quando un potenziale d’azione arriva al bottone presinaptico la membrana di questo si comporta come il resto della membrana che avvolge il neurone: essa diviene cioè più permeabile agli ioni Na⁺ che si precipitano dentro il bottone, il quale si depolarizza, cioè passa da uno stato di elettronegatività (-70 mV) ad uno di elettropositività (+50mV).
Il cambiamento di carica elettrica che si verifica nel bottone presinaptico si accompagna ad un massiccio ingresso di ioni calcio (Ca⁺⁺) che controllano il movimento degli ioni K⁺ ritardandone l’uscita dalla cellula e prolungando il potenziale d’azione cioè lo stato di eccitazione nervosa. A questo punto, a seconda del ritmo di attività del neurone, dal bottone viene liberato un certo numero di vescicole piene di neurotrasmettitori. Non tutte queste molecole arrivano ad agire sulla membrana del neurone recettore, in quanto alcune di esse vengono distrutte da enzimi che le spezzettano rendendole inattive.
IL SISTEMA NERVOSO
Dopo la descrizione del neurone e della sua attività nasce spontaneo il paragone fra il sistema nervoso e il sistema elettrico. Naturalmente l’analogia consiste solo nel fatto che entrambi i sistemi sono formati da una stazione centrale e da fili conduttori che mettono in immediato rapporto parti tra loro distanti. In realtà vi è una differenza sostanziale fra fibra nervosa e filo elettrico. In un filo percorso da corrente elettrica corrono degli elettroni alla velocità della luce, mentre nella fibra nervosa si muovono degli ioni perpendicolarmente alla direzione di propagazione dello stimolo. Gli ioni hanno massa molto maggiore degli elettroni; il loro movimento è più lento ed è più lenta, come abbiamo visto, anche la propagazione dello stimolo.
Il sistema nervoso può essere diviso in centrale e periferico. Il sistema nervoso centrale è formato a sua volta dall’encefalo e dal midollo spinale, mentre quello periferico è formato dai nervi che connettono il sistema nervoso centrale con la periferia del corpo. L’encefalo (dal greco en = in e kefalè = testa) si trova all’interno del cranio, mentre il midollo spinale trova sede nel canale formato dagli archi delle vertebre sovrapposte. Tutto il sistema nervoso centrale è circondato da tre involucri concentrici, le meningi, di cui la più esterna ha funzione protettiva mentre la più interna, ricca di vasi sanguigni, aderisce fortemente al tessuto nervoso. Nello spazio tra le meningi è contenuto un liquido detto cefalorachidiano la cui funzione più importante è quella di proteggere il sistema nervoso dagli urti.
Nella massa dell’encefalo e del midollo spinale si può distinguere ad occhio nudo una sostanza bianca ed una grigia. La prima è formata da fibre nervose rivestite di mielina, la seconda è formata prevalentemente da corpi cellulari. Nel midollo spinale la sostanza grigia sta all’interno e la bianca all’esterno, mentre nell’encefalo le posizioni sono invertite: sostanza grigia all’esterno e bianca all’interno.
L’encefalo dell’uomo è circa 1/50 del peso corporeo totale. Per confronto l’encefalo dello scimpanzé è circa 1/150 del peso del suo corpo e quello del gorilla è ancora minore. Però, alcuni dei primati più piccoli hanno un rapporto del peso encefalo/corpo perfino più alto di quello degli esseri umani, senza essere per questo più intelligenti dell’uomo. Ciò si nota anche in altri animali, ma in questi casi è decisiva la massa del cervello in termini assoluti perché è questa che determina la complessità necessaria per un’intelligenza pari a quella umana. In altri termini la caratteristica degli esseri umani è che l’encefalo è sufficientemente grande sia in assoluto, che in rapporto alle dimensioni corporee.
Che la massa dell’encefalo non sia decisiva per garantire un’intelligenza pari a quella umana è dimostrata ad esempio dal cervello dell’elefante che pesa 6 kilogrammi contro meno di un kilo e mezzo del nostro e quello delle balene è ancora più pesante; ma questi mammiferi nonostante una notevole massa cerebrale non sono più intelligenti dell’uomo.
Vi è tuttavia un caso in cui un animale è in concorrenza dal punto di vista intellettivo con l’uomo. Questo animale è il delfino, il cui corpo è pesante più o meno quanto quello dell’uomo, ma il cui cervello è mediamente di mezzo kilo più pesante di quello umano. Prima però di trarre delle conclusioni da questi valori è necessario risolvere il problema dell’organizzazione interna dell’encefalo. L’unico modo sicuro per valutare l’intelligenza dell’uomo o di qualunque altro essere vivente, è quello di effettuare degli esperimenti. Attualmente abbiamo una discreta conoscenza solo delle attività più semplici della nostra mente e del sistema nervoso. Se si pensa che è trascorso solo poco più di un secolo da quando fu fatto il primo passo in avanti nella comprensione del sistema nervoso la cosa deve considerarsi con favore.
Il midollo spinale infine è un cordone cilindrico di tessuto nervoso situato, come abbiamo detto, all’interno del canale vertebrale e termina con un fascio di nervi detta “coda equina”. Al suo interno si individua una struttura a forma di H costituita di sostanza grigia cioè di neuroni mentre la parte circostante, come abbiamo detto, è sostanza bianca, cioè sono fibre nervose. I neuroni della sostanza grigia si dividono in motori e sensitivi. I neuroni motori si trovano nelle corna anteriori dell’H mentre quelli sensitivi si trovano nella parte posteriore. Da questi neuroni partono neuriti che costituiscono nervi sensitivi e motori che escono dal cordone midollare sotto forma di nervi spinali. Ogni nervo emerge dal midollo con due radici: la radice ventrale è motoria, quella dorsale sensitiva. I nervi spinali sono 33 paia: 8 paia sono nervi cervicali, 12 paia sono nervi toracici, 5 sono nervi lombari, 5 nervi sacrali e 3 nervi coccigei.
IL PROBLEMA MENTE-CERVELLO
Di associazione fra cervello e mente si parlava già nel sesto secolo avanti Cristo ma due secoli più tardi Aristotele negò questa connessione assegnando l’intelligenza al cuore e considerando il cervello come una semplice ghiandola atta a secernere la flegma (o flemma) una sostanza che raffredda il cuore e che determina il comportamento flemmatico in alcuni di noi. É sorprendente il fatto che molti tra i filosofi antichi non abbiano quasi per nulla afferrato il significato dell’organo racchiuso nel cranio umano. In realtà come era successo in svariati casi gli errori di Aristotele ebbero maggior peso delle interpretazioni corrette di altri. I filosofi dell’antichità e del medioevo spesso furono portati a collocare la sede dei sentimenti e della personalità in organi come il cuore o il fegato. A conferma di ciò rimangono ancora oggi espressioni come “spezzare il cuore” o “avere del fegato”.
Il sistema nervoso governa tutte le nostre reazioni all’ambiente. Ogni movimento, ogni pensiero è possibile solo grazie a questo importantissimo sistema d’integrazione. Il pianista muove le dita sulla tastiera del pianoforte con perfetto tempismo e il bravo giocatore di calcio lancia il pallone con altrettanta precisione. Come riescono gli artisti e gli atleti ad ottenere che il loro corpo si muova esattamente come desiderano? I virtuosismi dell’artista e dell’atleta sono il frutto di studi, di allenamenti e di controlli continui sulla muscolatura determinati da migliaia di impulsi nervosi sincronizzati con la massima precisione. Non solo i movimenti ma anche ogni forma di pensiero è reso possibile dall’organizzazione estremamente complessa del sistema nervoso.
A questo punto è lecito porsi la domanda più ambiziosa e fondamentale: possiamo noi, servendoci della mente, comprendere la nostra stessa mente e il sistema nervoso? Tutte quelle capacità che noi comprendiamo sotto il nome di capacità mentali sono solo funzioni del cervello o il pensiero è col cervello nello stesso rapporto in cui ad esempio la bile è col fegato o l’urina con i reni?
A questo punto è necessario ritornare sul problema dell’intelligenza dell’uomo. Si deve premettere che non esistono metodi completamente soddisfacenti per misurare il preciso livello d’intelligenza dei membri della nostra stessa specie anzi non è nemmeno chiaro cosa sia esattamente l’intelligenza. All’inizio dello scorso secolo due psicologi francesi proposero un sistema per valutare l’intelligenza dell’uomo in base alle risposte fornite ad una serie di domande accuratamente scelte. Da questi test ebbe origine il termine quoziente d’intelligenza (QI), che rappresenta il rapporto fra l’età mentale, misurata dal test, e l’età cronologica. Il problema è che non esistono test che non si basino sulla cultura.
Il cervello umano è l’esempio più complesso di organizzazione della materia che si conosca in natura e l’aspetto più complesso del cervello umano è l’intelligenza; non sorprende quindi che di essa non sappiamo quasi nulla. Non sappiamo nemmeno precisamente ciò che misuriamo quando diciamo di misurare l’intelligenza né cosa dovrebbe esattamente essere il cosiddetto “quoziente di intelligenza”. Sappiamo abbastanza bene come funziona l’ereditarietà dei caratteri e conosciamo ad esempio le caratteristiche ereditarie del colore dei semi della pianta di pisello o di alcuni difetti come il daltonismo nell’uomo, tuttavia non conosciamo la relazione fra geni ed intelligenza. Non c’è quindi alcun modo per prevedere che il discendente di due genitori intelligenti sia intelligente. Su questo punto ho esperienza diretta.
I miei genitori, soprattutto mio padre, erano molto intelligenti. Mio padre ad esempio risolveva con immediatezza e senza apparente sforzo qualsiasi problema si fosse presentato all’improvviso mentre io ho bisogno di tempo e lunga concentrazione per comprendere anche l’argomento più semplice. In verità sono in possesso di una discreta cultura: conosco bene ad esempio molti aspetti delle scienze naturali (chimica, fisica, biologia, astronomia, ecc.) ma tutto questo non c’entra con l’intelligenza. L’intelligenza io credo sia intuito, velocità mentale, che è proprio quello che a me manca.
Prof. Antonio Vecchia